O Croce Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, 2016
11 Marzo 2018MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA
21 Marzo 2018Quarta domenica di Quaresima, in laetare
Crescere nell’amore, con lo sguardo verso la croce che abbraccia la famiglia
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,14-21 Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Commento di don Stefano Vuaran
Più ci avviciniamo alla Pasqua, più la liturgia sposta l’attenzione del tema della penitenza a quello della morte in croce di Gesù, che contempleremo nella Settimana Santa.
Il dialogo tra Gesù e Nicodemo è il primo passo del cammino di fede di Nicodemo, fariseo esperto nelle Scritture: Gesù intesse il suo discorso di reminiscenze dell’Antico Testamento, attraverso le quali Gesù si presenta al suo interlocutore come il Messia che le Scritture avevano preannunciato. Nella parte del dialogo che leggiamo in questa domenica, sono due gli episodi richiamati alla mente: la costruzione del serpente di bronzo da parte di Mosè, con il quale viene miracolosamente fermato l’avvelenamento degli Israeliti nel loro cammino nel deserto (Numeri 21,4-9); e il nascondersi dei progenitori Adamo ed Eva di fronte a Dio che cammina nel giardino dell’Eden, consci del loro peccato (Genesi 3,8-10). Gli Israeliti, se volevano salvarsi dal veleno dei serpenti, dovevano alzare lo sguardo verso il serpente di bronzo fatto da Mosè. Al contrario Adamo ed Eva, la prima coppia, si nascondono nel giardino per non essere trovati, hanno abbassato lo sguardo scoprendo di essere nudi e non aspettano salvezza da Dio che passa, visto ormai come presenza minacciosa e non come benevolo creatore.
Gesù prende questi richiami biblici e li dirige verso se stesso. Annuncia a Nicodemo di essere lui stesso un nuovo serpente di bronzo, che dovrà essere innalzato per la vita dei credenti: chi volge lo sguardo verso Gesù innalzato sulla croce ottiene la salvezza. La croce non è esplicitamente menzionata, ma il linguaggio dell’in-nalzamento è tipico di Giovanni per parlare della morte violenta di Gesù (lo ritroveremo anche domenica prossima).
Alzare lo sguardo verso il Crocifisso permette di uscire alla luce, atteggiamento di chi non ha nulla da nascondere; al contrario, chi fa il male preferisce stare nelle tenebre, come avevano fatto Adamo ed Eva, per continuare nel proprio stile di vita lontano da Dio. Contemplare la croce, infatti, significa prendere coscienza del punto a cui è giunto l’amore di Dio per noi: non è esaltazione di una sofferenza fine a se stessa, ma scoperta di un amore immenso, giunto al punto di prendere su di sé la sofferenza dell’uomo perché venga depotenziata la nostra paura del male e della morte, resi ormai inefficaci dalla vittoria di Cristo. Da questo sguardo liberante nasce per il credente la possibilità di vivere autentiche relazioni con Dio e con il prossimo: non c’è più bisogno di nascondersi per paura o per convenienza, ma anzi c’è lo slancio a vivere nel mondo condividendo lo stile di amore che rifulge nella croce.