dal 28 Novembre al 6 Dicembre 2020
28 Novembre 2020dal 29 Novembre 2020
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Dal vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
COMMENTO di don Maurizio Girolami
Ben quattro volte, in pochi versetti, Gesù raccomanda di vegliare. È il verbo ricorrente e centrale del vangelo di questa prima domenica di Avvento. Nel contesto del tempo che inizia con questo giorno, veniamo immessi direttamente nel clima spirituale di chi si prepara al Natale: un risvegliare l’attenzione, un non lasciarsi distrarre né impigrire dalle situazioni della vita che spesso sono ripetitive e stanche. Vegliare non significa essere in ansia per non sapere quello che deve accadere nel futuro, ma significa disporsi con serenità a lasciarsi sorprendere da Dio, che non è nostro nemico, ma amico di ogni uomo. Non è importante dunque sapere il ‘quando’ (“voi non sapete quando” è ripetuto due volte), ma è vitale non farsi trovare addormentati quando egli giunge. È un invito a coltivare dentro di sé un atteggiamento interiore positivo e fiducioso: positivo nei confronti di Dio, fiducioso nei confronti di se stessi perché non c’è nulla da temere quando si viene visitati da Colui che dà la vita. Vegliare dun que è il compito del cristiano. Anzi un cristiano non vigilante, ma addormentato, diventa insipido perché perde l’orizzonte verso il quale cammina, si trastulla con ciò che gli occupa la mente e si dimentica di lasciare il giusto spazio al vero bene che viene incontro e che è il meglio della vita. Non è un caso, infatti, che Gesù spieghi l’incontro con Dio con l’immagine di un padrone di casa che è partito e ha lasciato i suoi averi ai suoi servi senza lasciare detto quando tornerà. Il padrone è Dio, i servi sono gli uomini. Dio lascia la casa sua e la affida ai suoi servi dando a ciascuno un compito specifico. Nessuno dei servi è stato escluso dall’essere reso partecipe delle cose del padrone. Non c’è nessuno, nello stesso tempo, che possa avere la piena autorità del padrone sulle sue cose. Ciascun servo ha potere sul compito che gli è stato affidato. I servi possono agire sulle cose del padrone con la sua stessa autorità, ma ciascuno con il suo compito. Non ci sono mezzi padroni o servi più potenti di altri. C’è ovviamente una grande pedagogia in questa immagine usata da Gesù: tutti sono degni della fiducia di Dio. Egli non teme di allontanarsi per un breve tempo perché può fidarsi delle sue creature. Esse, poi, non hanno motivo di litigare per invidie e gelosie, perché ciascuno ha il suo dono specifico che non può essere sostituito da un altro più prezioso: è questa la forza dell’unicità di ciascuno. Il compito di tutti è quello però di vegliare, cioè non dimenticare che quanto è stato affidato è del padrone e non è nostro. E, di più, che quanto ciascuno ha tra le mani è il compito ricevuto senza bisogno di invidiare i doni altrui alimentando gelosie e discordie. Tutto è dono suo: il creato, la vita, il corpo, l’intelligenza, la volontà, le relazioni. Restare svegli su quanto ricevuto significa mettersi nelle condizioni di non sciupare i doni suoi e di poterne godere fino in fondo. Così svegli, il padrone con gioia loderà ciascuno dei suoi servi.