24 Novembre 2019
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Una porta aperta

La giornata del Seminario è un’occasione per rinnovare la preghiera al Signore per gli alunni del Seminario e per coloro che li accompagnano. La giornata del Seminario ci rag­giun­ge nella consueta data della domenica di Cristo Re. È un’occasione per rinnovare la preghiera al Signore per gli alunni del Seminario e per coloro che li accompagnano. Ventisei sono i seminaristi, suddivisi nelle tre comunità del Minore, del Propedeutico e del Maggiore. Tante storie e tanti percorsi differenti. Sono loro innanzitutto le “pietre vive” del Seminario. Abbiamo voluto sottolinearlo intitolando così la gior­nata quest’an­­no. Insieme domandiamo an­che che il Padrone della messe mandi altri ope­rai per quella messe che è la Chiesa di Concor­dia-Pordenone. Questa giornata, in certo senso, vuole essere anche una porta aperta che lasci intravedere qualcosa di quello che avviene in Seminario. Molta parte di questo racconto è affidato alla testi­mo­nianza dei seminaristi nelle pagine che ogni anno Il Popolo ci dona, come pure negli incontri, in particolare in alcune parrocchie della forania di San Vito, meta in questi giorni di una settimana vocazionale semplice e snella. Attraverso questa apertura sco­priamo che avanti le pesanti porte dell’isti­tuzione c’è il “per primo” di Dio. È lui che chia­ma: termini e modi restano avvolti nel mistero della sua volontà. A chi accoglie dietro quelle porte spetta affiancarsi, perché si compia il discernimento e ci si formi, si maturi e si cresca. Affacciandoci a quella porta ci rendiamo conto che verifica e formazione pas­sano anche attra­verso la vita di una comunità di giovani fraterna e operosa, impegnata nella preghiera, nello studio e pure in umili servizi di riordino e pulizia, che insegnano a gestirsi nel tempo e nelle re­spon­sabilità e permettono di assumere ogni giorno di più l’abito di colui che è venuto per ser­vire e non per essere servito (cfr. Mc 10,45). In quelle attenzioni semplici e ordinarie un semi­narista si verifica e si forma per diventare quel prete “uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti” come lo ha definito Papa Francesco (6 marzo 2014). Quella porta aperta ci racconta anche che il Seminario non è più – se mai lo è stato – una cittadella autarchica, segnata dall’isolamento dal mondo. Ce lo conferma il frequente via vai di persone che si recano in quella che è ormai diventata la casa di moltissime attività dioce­sane di formazione ed incontro. Ce lo conferma, ancora, la bella pre­senza di giovani allo Scrigno: vengono per la pre­ghiera e volentieri si fermano al termine a dialo­gare, a confrontarsi e a scherzare sotto le austere arcate del porti­cato, fino a tarda ora. La scritta SILENTIUM sul pavi­mento dell’antico refettorio non incute più timo­re: ha lasciato il posto all’importanza di impa­rare a dialogare con tutti, con rispetto, intel­li­genza e capacità di ac­coglien­za. La porta è aper­ta anche perché una parte significativa della formazione ha da avvenire al di fuori, sul terreno della comunità cristiana, delle parrocchie e delle unità pastorali; a contatto con i preti, con i cate­chisti, gli animatori e i più vari colla­bo­ratori; respi­rando la stessa aria, condi­vi­dendo fatiche, sogni e progetti, imparando a fare insieme. La porta è aperta anche per incuriosire, far nascere la voglia di superare la soglia, entrare senza paura e vedere com’è davvero questa casa e chi la abita. Forse qualcuno potrà scoprire così che quello è anche il suo posto.

Don Roberto TondatoRettore del Seminario