18/02/2018
17 Febbraio 201825 Febbraio 2018
24 Febbraio 2018Prima domenica di Quaresima
Crescere nell’amore, attraverso le tentazioni che fortificano
Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Commento di don Stefano Vuaran
Ogni anno il Vangelo della prima domenica di Quaresima offre alla nostra meditazione Gesù nel deserto.
Il Figlio di Dio fatto uomo si ritira in solitudine prima di avviare il suo ministero pubblico di predicazione del Vangelo, dopo aver ricevuto il solenne invio mentre veniva battezzato nel Giordano da Giovanni. Nella solitudine, però, Gesù non è realmente solo: si fanno ben presenti le tentazioni, che sono come una porta stretta che egli deve necessariamente attraversare tra l’invio e l’inizio della sua missione.
Al contrario di Matteo e Luca, il brano di Marco è molto sobrio, contenuto in soli due versetti: per Marco non è tanto importante in cosa Gesù di preciso è stato tentato, ma gli è sufficiente descrivere che per quaranta giorni Satana gli stava alle calcagna.Tuttavia aggiunge due particolari che gli altri non menzionano o non mettono in risalto: “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Cioè, nel linguaggio biblico: Gesù ha vinto, e così ha realizzato le promesse messianiche di Isaia di una pace cosmica che avrebbe coinvolto anche gli animali feroci (Is 11,6-8); gli angeli mandati da Dio sono, invece, il segno della protezione divina nel momento della prova. E tutto questo avviene nel deserto, dove il profeta Osea aveva previsto che Israele dovesse tornare per riprendere il suo cammino di fede assieme al Signore: “Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16).
Così la tentazione per Gesù non è solo la via difficile per essere messo alla prova prima dell’inizio del suo ministero: è il luogo in cui egli sperimenta la comunione, con il Padre e con il creato. Il deserto, esperienza di solitudine, porta alla fine a relazioni più piene. Nel deserto Gesù è costretto alla ricerca dell’essenziale, a riconoscere ciò che davvero conta nella sua vita, cioè la sua relazione unica con il Padre. Per questo, pur essendo una tappa faticosa, è voluta dallo Spirito Santo: appena disceso sul Figlio nel battesimo, lo spinge nel deserto, perché il Figlio impari da subito che solo nelle mani del Padre c’è la sua fiducia, solo il Padre è ciò che conta davvero. Non a caso proprio Osea aveva capito l’importanza del deserto, lui che fu uno dei primi, se non il primo, a paragonare l’amore tra Dio e Israele all’amore tra gli sposi: “Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. Eavverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Baal, mio padrone” (Os 2,17-18). La relazione è spesso messa alla prova, ma la prova purifica, scarnifica per lasciare l’essenziale, ciò che conta davvero, ciò che occupa il mio cuore, che è al centro delle mie attenzioni e dei miei pensieri: quando le cose secondarie spariscono, resta in piedi solo ciò che sostiene tutto. Gesù ha capito che il centro è il Padre: ora è pronto per annunciare il suo regno: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.