dal 19 al 27 Marzo 2022
20 Marzo 2022
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20 Marzo 2022

Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Commento di don Federico Zanetti

Al tempo di Gesù, quando qualcuno moriva in circostanze drammatiche, l’unica possibile motivazione per cui Dio non li aveva soccorsi era che fossero colpevoli. Quando alcuni riferiscono a Gesù di questi colpevoli, puniti drammaticamente attraverso la crudeltà di Pilato o la fatale caduta della torre di Sìloe, forse lo fanno con soddisfazione, pensando: “Queste cose accadono ai peccatori. Se è successo a loro e non a me, significa che io sono più giusto di loro, sono a posto”. Forse si aspettano che il maestro approfitti di queste disgrazie per minacciare, per mettere in guardia i falsi (esclusi i presenti, naturalmente), perché i furbi non credano di scampare all’occhio vigile di Dio. Ma Gesù non abbocca. La morte di alcuni non significa che gli altri siano meno peccatori e possano stare tranquilli. Le disgrazie non sono sempre punizione, ma l’invito a convertirsi vale sempre per tutti. Il male rimane un mistero e il bene non consiste nello schivare punizioni, ma nel portare frutti. Infatti Gesù, che rifiuta di raccontare di un Dio che punisce, racconta invece la parabola di un agricoltore che dilaziona il taglio di un albero in attesa che faccia frutti. E anzi, lascia l’incarico all’agricoltore di darsi da fare, di curarlo ancora meglio, perché porti frutti. Dio non sta aspettando di coglierci in fallo appena possibile, ma sta attendendo i nostri frutti. Dio non ci punisce perché gli abbiamo mancato di rispetto, ma ci chiama a metterci in gioco per ottenere il bene con i nostri talenti. Prima di spaventarci per la portata delle sue punizioni o per il mistero inspiegabile del male, siamo chiamati a desiderare la bellezza dei frutti che vengono dalla nostra conversione. Lui non ci parlerà dell’inferno, ma del paradiso. Se invece di ascoltare la voce della paura, ascoltiamo la sua voce, allora saremo più solidi nel nostro cammino di conversione e potremmo gustare meglio il bene che ci circonda.